Durante la seduta del Consiglio comunale di mercoledì 2 dicembre è passata con 12 voti favorevoli, 8 astenuti e 10 contrari la mozione presentata dalla consiglieri  Marisa Luana Cavallo, in qualità di primo firmatario, e Antonio Manica, in qualità di cofirmatario, avente ad oggetto  “Il Comune contro ogni tipo di discriminazione e per la libera manifestazione del pensiero”.

L’approvazione arriva dopo che nel corso della seduta di lunedì 30 novembre la stessa mozione era stata protagonista di una discussione non nel merito ma nella procedura di votazione, o meglio sul quorum necessario per l’approvazione. I primi consigli dell’era “Voce”, al di là dei punti all’ordine del giorno, al di là delle problematiche più o meno rilevanti trattate, si stanno caratterizzando per una certa confusione sulle procedure amministrative, appare evidente una poca propensione alla conoscenza del funzionamento degli Enti locali. Molti consiglieri sono alla prima esperienza e probabilmente ne stanno pagando il prezzo.

Preme però oggi andare oltre le lacune amministrative, per sottolineare invece la portata politica oltre che sociale e culturale che porta con sé l’approvazione della mozione dei consiglieri Cavallo e Manica.

In controtendenza rispetto all’indirizzo nazionale, il ddl Zan è stato approvato alla Camera dei deputati con il voto favorevole di 265 deputati, 193 contrari e una sola astensione, a Crotone si approva, con il voto favorevole e l’astensione trasversale, una mozione che fa del comune pitagorico il simbolo di una corrente, minoritaria nel Paese, che vede nel disegno di legge non un’opportunità di integrazione, di crescita sociale ed umana, contro ogni forma di discriminazione, soprattutto nei confronti delle persone più fragili, ma una limitazione della libera manifestazione del pensiero!

Occorre fare un po’ di chiarezza entrando nel merito dei contenuti del disegno di legge Zan.

Il disegno di legge Zan contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere e identità di genere, che prende il nome dal suo relatore, il deputato del Partito democratico, Alessandro Zan, unifica cinque diverse proposte di legge. Attualmente il codice penale italiano punisce i reati e i discorsi di odio fondati su caratteristiche come la nazionalità, l’etnia o la religione (legge Mancino); con la legge Zan potranno essere puniti allo stesso modo i reati di discriminazione fondati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

A differenza di molti paesi europei, in Italia non esiste una legge ad hoc che punisca le discriminazioni e i discorsi di odio contro persone lgbtq. Il primo tentativo di introdurre una legge contro l’omofobia risale al 1996, quando l’allora deputato di Rifondazione comunista Nichi Vendola presentò una proposta che non fu approvata.

La legge istituisce inoltre una giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, e inserisce misure per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno alle vittime.

La conferenza episcopale italiana (Cei) si è schierata contro il ddl, dichiarando che una legge contro l’omofobia “rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui più che sanzionare la discriminazione si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione”.

Le modifiche proposte con il ddl Zan sono solo l’ultimo tentativo in ordine di tempo di estendere la legge Mancino ai reati di discriminazione basati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. La legge, che risale al 1993, punisce l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o di nazionalità. In questi 27 anni si è tentato a più riprese di estendere la legge ai reati di omofobia.

Crotone ha fatto un balzo indietro sulla strada del riconoscimento dei diritti, della tutela della persona, un balzo indietro che deve far riflettere e che impone un ragionamento che non può prescindere da una discussione politica e sociale all’interno della stessa maggioranza che amministra la città.

Occorre un atto di responsabilità e di trasparenza: primo cittadino, giunta e movimenti di maggioranza devono chiarire l’indirizzo politico della loro attività di governo e guida della comunità crotonese.