Di seguito la nota di Gianfranco Turino.

“Cambiare!
Il termine più abusato nella politica italiana.
Sono anni che sentiamo la parola “cambiare” negli slogan e nei ragionamenti di chi si propone alla guida delle comunità locali, regionali o nazionali.
Eppure, se esiste un sistema che più conservatore non si può, questo è proprio quello della politica italiana, ad ogni livello.
La prima, la seconda e la terza repubblica non sono state reali evoluzioni del sistema Italia, ma semplici adeguamenti di un sistema che mira sempre a sopravvivere a sé stesso.
E mentre la società si adegua, cresce e si sviluppa con una velocità che si può misurare, ormai, in mega, la politica resta sempre uguale a sé stessa.
Anzi, se possibile, il sistema dei partiti tende a peggiorare spostando la logica prima dalla strategia ai tatticismi, per poi, al massimo del declino, legarsi in modo viscerale ai sondaggi.
La pandemia, infine, ha messo a nudo tutti i limiti del sistema Italia, definendone definitivamente la crisi irrevocabile.
Il Covid ci doveva spingere a ridisegnare la società. Il Lockdown ha chiuso tutti nei propri egoismi, reclusi nelle proprie abitazioni, abbiamo perso il senso del fare comunità.
Contro questo degrado della società c’era e c’è, oggi ancor di più, bisogno di una reazione comunitaria, c’è la necessità di aprire confronti e trovare sintesi, dialogare per ritrovarsi intorno ad un ragionamento comune.
Per queste valutazioni non si può non cogliere una positività nel nuovo progetto politico della federazione di centrodestra lanciata da Berlusconi e Salvini.
Un vero e proprio sasso lanciato nello stantio stagno della politica italiana.
Ridisegnare gli schemi in un’ottica moderna, europea e sulle basi della dottrina sociale della chiesa, può restituire uno spazio di espressione a tutti quegli italiani che, stanchi dei populismi, anzi di tutti
gli “ismi”, cercano un luogo di aggregazione basato sul ragionamento, sul confronto di tesi, di pensieri, un punto di equilibrio dove poter ridisegnare politica e cultura.
Un progetto di questo tipo rivitalizza tutto il sistema, spingendo tutti gli altri a reimmaginarsi a partire dal PD e dal Movimento Cinque Stele spinti e sollecitati ad aprire un serio dibattito sul proprio futuro. In parole povere, sono costretti a decidere che fare da grandi.

Ciò che, in questi giorni, sta succedendo in Calabria, proprio nel campo del centrosinistra è significativo di quanto il sistema abbia la necessità vitale di cambiare, di modificarsi ma soprattutto di evolversi.
I processi di partecipazione, come le primarie di Roma e Bologna svolte proprio in questo fine settimana, negati alla Calabria, è il segnale preciso di quanta distanza ci sia tra le antiquate segreterie di partito e i territori, soprattutto quelli di periferia.
Come appare evidente a tutti serve modificare radicalmente il sistema politica, ma non come ha detto il celebre Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo: “tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”.
Chi resta estraneo a questi ragionamenti, chi si chiude al cambiamento, magari su un effimero successo legato ai sondaggi, non rischia di rimanere fuori dal sistema, ma di divenire soggetto antistorico.
Cosa che, mi si consenta, appare strano se succede in quegli spazi che si sono sempre professati avanguardia politica e culturale.
Ma comprendo che un sondaggio oggi vale di più di una visione politica.
Mi dispiace, ma comprendo.
Dal mio umile punto di vista, da chi da una vita ama la politica, vissuta sin da piccolo con spirito militante, non si può che salutare con una sana dose di ottimismo un processo di riorganizzazione e
di profonda modifica di un sistema oramai ammuffito, nella speranza che anche questo non naufraghi negli egoismi personali di chi, oggi, classe dirigente ha il dovere di mettere gli interessi degli italiani innanzi a tutto, soprattutto ai propri.
Ho voluto proporre questo mio piccolo contributo di pensiero, nella speranza che possa essere da sprone per aprire un confronto anche in questa nostra comunità, ormai stanca, arresa e assuefatta e all’inutile quanto dannosa offesa.