Ormai il mondo del commercio al dettaglio vive da decenni una condizione in continua e progressiva trasformazione e dinamicità e ciò ha portato alla perdita di centralità del sistema tradizionale dei piccoli negozi, delle botteghe, dei supermercati favorendo prima la grande distribuzione organizzata (GDO) e successivamente l’e-commerce, basti pensare Amazon. Ai tempi del Covid-19, tale situazione, è stata maggiormente alimentata. I numerosi lockdown che il nostro Paese e il nostro tessuto imprenditoriale ha subito, ha portato, nel giro di pochi giorni, ad uno spostamento degli acquirenti dal luogo fisico, all’e-commerce. Sono i dati Istat a parlare, secondo i quali il commercio elettronico fa riscontrare un aumento circa del +27,1%.

L’e-commerce è in continua evoluzione, ed ormai, è possibile ritenere e valutare che non sia un qualcosa riservato alle grandi piattaforme, ma coinvolge gran parte degli attori commerciali. Infatti, in base ad uno studio di dati, è ravvisabile un progressivo calo del numero di attività fisiche ed in concomitanza vi è un aumento della perdita di lavoro nei negozi tradizionali, determinata dalle numerosi chiusure di attività.

La pandemia Covid-19, oltre a “segnare negativamente” il commercio interno del nostro Paese, ha posto a dura prova anche il commercio globale che prevede un crollo della produzione, dell’occupazione e del commercio internazionale in misura superiore a quello registrato per effetto della crisi finanziaria globale del 2008-2009, con effetti più marcati sulle economie avanzate rispetto a quelli previsti per le economie emergenti ed in via di sviluppo. Con i numerosi lockdown, il 2020, ha portato il commercio interno ed internazionale a subire la chiusura totale di interi settori produttivi nazionali, tra i quali il turismo, la ristorazione, il commercio al dettaglio di natura non essenziale e rilevanti quote del manifatturiero. Secondo i dati rilevati dal nostro Ufficio Studi, nel 2020 hanno chiuso oltre 300.000 imprese per Covid e crollo dei consumi.

Il mix tra Covid-19 e crollo dei consumi del 10,8% (parliamo di una perdita pari a circa 120 miliardi di euro rispetto al 2019) ha spinto alla chiusura di oltre 390.000 imprese del commercio non alimentare e dei servizi di mercato nel 2020. I settori più colpiti nel 2020 nell’ambito del commercio sono abbigliamento e calzature (-17,1%), ambulanti (-11,8%) e distributori di carburante (-10,1%); per quanto riguarda i servizi di mercato le maggiori perdite si registrano, invece, per le agenzie di viaggio (-21,7%), bar e ristoranti (-14,4%) e trasporti (-14,2%); per non parlare dell’intero comparto “del tempo libero” che va dalle attività artistiche, sportive ed intrattenimento che fa registrare complessivamente un vero e proprio crollo con la chiusura di un’impresa su tre. Per il 2021 si stima che un’impresa su quattro chiuderà e soprattutto nel settore della ristorazione e degli alloggi; i beni alimentari sono stati i prodotti più acquistati durante i lockdown con una crescita esponenziale del 30,7%.

Il Presidente Mancuso: “Siamo di fronte ad una vera e propria catastrofe. Il tessuto imprenditoriale del nostro Paese è caratterizzato soprattutto dalle PMI, in profonda crisi già nell’era pre Covid-19. Le imprese, oggi più che mai, hanno la necessità di un reale supporto a 360° per cui parlo di ristori e che siano realmente ristori e parlo, se non altro, di poter guidare e di offrire supporto a tutti gli imprenditori per far sì che <<entrino>> nel mondo della digitalizzazione. La pandemia ha accelerato il percorso di trasformazione digitale delle imprese ed è per questo che molti, la maggior parte degli imprenditori non erano e non sono ancora pronti ad <<adattare e a trasformare>> al tempo stesso, la propria attività”.